Due by Enrico Brizzi

Due by Enrico Brizzi

autore:Enrico Brizzi [Brizzi, Enrico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: HarperCollins Italia


19.

Sulle spese telefoniche in casa D. non si transigeva.

Chi si dilungava all’apparecchio rischiava di essere messo alla berlina dal grande capo Colui-che-non-tarpa. Sulle prime si faceva sotto flautando beffardo: «Mi ami? Ma quanto mi ami? Mi pensi? Ma quanto mi pensi?». Di lì a poco incombeva facendo gli occhiacci, sbuffava mostrando un esasperato gesto delle forbici; se non ci si dava per intesi, era capacissimo di ammutolire l’apparecchio staccando il cavo dalla borchia a muro.

Il cilindro del contascatti non mentiva, ma per buona misura le bollette venivano studiate ai raggi X; in caso di chiamate sospette tornava in auge l’antica minaccia di bloccare il disco col lucchetto: era questo che volevano, gli spreconi?

Mai l’apparecchio era stato impiegato per chiamate all’estero, e quando pure s’era trovato a riceverne, l’ansia di un addebito imprevisto non aveva abbandonato i parens sino all’appuntamento con la fatturazione successiva.

L’idea di impiegare il telefono di casa per contattare la Pennsylvania era, insomma, pura fantascienza.

Se proprio due si volevano bene, dovevano scriversi come ai tempi di Abelardo ed Eloisa.

Dall’archivio magnetico del signor Alex D.

Io la Ciuncoli Maria Rita la aborrisco. Non vedo l’ora di risultare maturo per farle impunito la posta sotto i portici, starle addosso come le furie al fantasma di Clitennestra, sussurrarle all’orecchio fino a che punto fa cagare, ella, come esemplare umano in calze contenitive, democrìsta irriducibile e docens di letterevive.

L’altro giorno, come tracce per il tema, ha cacato lì due proposte mielestrazio, tipo la religiosità del Fogazzaro e il trasumanar di Dante nel fiacco sequel di Inferno e Purgatorio.

Si cercò scampo nell’ultima opzione, il tema di attualità. Non di rado si tratta di commentare una citazione del pontefice polacco, manco fossimo al liceo delle suore.

Stavolta invece toccava a un pensiero profondissimo di Vincenzo M., il baffuto salvatore dei drughé: “Il vero miracolo non è un fiore che nasce, ma un fiore morto che rinasce”.

Mi sono messo d’impegno ad argomentare che quella frase è una castroneria botanica: un fiore, una volta morto, è morto e riga. E, già che c’ero, ho detto la mia anche sul fallimento delle politiche proibizioniste.

Oggi la Maria Rita è tornata con i nostri fogli protocollo, pesti di freghi a matita rossa e blu. Vedo che mi ha messo sei meno, la reazionaria, poi leggo: “Elaborato severamente fuori tema e imbevuto di teorie deliranti”.

«Il suo è un giudizio ideologico!» Non so come mi viene, ma lo grido proprio, tipo prigioniero politico nel gabbione del maxiprocesso.

La classe mormora, la filo-pontificia in cattedra sbianca, ma insisto per la trasparenza: quale sarebbe, sentiamo, la mia teoria delirante? Legalizzare le sostanze stupefacenti?

«La vita è il dono più prezioso, signorino D., e chi si droga si spegne» la profia contrattacca a suon di slogan. «Quanto al signor Vincenzo merita la nostra piena ammirazione: come un buon pastore, egli dà la vita per i ragazzi della sua comunità.»

«Potrebbe tenersela, se vivessimo in un paese appena decente» suggerisco. «Se a commercializzare l’eroina fosse lo Stato, sotto controllo medico, i tossici non dovrebbero delinquere per procurarsela e la mafia perderebbe i miliardi dello spaccio.



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